Branded Content MarketingIl Branded Content Marketing si sta imponendo nel mondo della comunicazione soprattutto grazie alla sua capacità di adattarsi alla rete, al “mondo del web” verso cui stanno migrando in massa le giovani generazioni, sempre meno attratte dalla televisione.

E’ fatto ormai accertato che gli spot tradizionali, in internet, vengono subiti dai naviganti come un affronto alla loro libertà di clicccare a destra e a manca. Al contrario, un video originale, ben fatto e divertente viene ben accolto e magari condiviso e commentato sui social network. I migliori fra questi video diventano “virali”, ed è facile immaginare quanto possa interessare, ad un’azienda, diffondere il proprio brand alla pari di un virus …

Se a tutto ciò aggiungiamo che nulla vieta di distribuire questi contenuti anche in TV – e qui andrebbe aperto un capitolo a parte – ecco spiegato in estrema sintesi il motivo di tanto successo del Branded Content.

Volendo andare più a fondo rispetto a queste semplici premesse, consigliamo una ricerca condotta da 2B-Demoskopea che cerca di delineare il fenomeno del Branded Content agli occhi dei consumatori. La ricerca è stata ripresa e ben sintetizzata da un articolo di PrimaOnline, che riportiamo qui di seguito:

Raccontare la marca, i suoi valori e i suoi contenuti attraverso un nuovo modello di comunicazione che coinvolga lo spettatore-consumatore. E’ quello che fa il branded entertainment, lo strumento di marketing che lavora sui concetti di vicinanza, dialogo, partecipazione e divertimento per costruire l’identità del brand e renderlo ancora più appetibile agli occhi del pubblico.

L’Osservatorio Branded Entertainment – un organo associativo che riunisce aziende nazionali e internazionali che utilizzano, producono, commissionano o distribuiscono contenuti brandizzati – ha presentato il 28 gennaio i risultati di una ricerca condotta da 2B-Demoskopea che cerca di delineare il fenomeno del branded content agli occhi dei consumatori attraverso quattro ‘famiglie’: ‘Valorizzazione esplicita’, ‘Approccio ludico non finalizzato’, ‘Seduzione’, ‘La relazione strumentale’, ognuna con diversi gradi di innovatività, coinvolgimento e narrazione.

La prima tipologia di branded entertainment, denominata ‘Valorizzazione esplicita’ – che pure non vede alcuna centralità effettiva del prodotto – risulta forte in termini di motivazione all’acquisto, grazie a un livello di coinvolgimento e innovatività elevati. Si collocano in questa famiglia gli esempi di Heineken The real master of intuition e il mini-documentario di Illy Artisti del Gusto su Nat Geo.

La seconda tipologia (‘Approccio ludico non finalizzato’) gode del meccanismo di empatia generato dal pure fun (mi ha divertito), ma non garantisce un effetto di ritorno né sull’immagine di marca né sull’intenzione di acquisto del prodotto, poiché l’esperienza è vissuta come fine a se stessa. Vengono citati ad esempio per questa famiglia i casi di Bye Bye Cinderella (operazione di Perfetti – Daygum su La5) o di Cinzia per la pelle (iniziativa per Dermaday di IDI Farmceutica).

La terza tipologia (‘Seduzione’) si muove in modo abbastanza bilanciato sul coinvolgimento e la narrazione, ma è debole su innovatività e lavora poco sugli aspetti concreti del prodotto. Qui rientrano i casi di branded content come Magnum (Five Kisses) o Vision di Burn.

La quarta tipologia (‘Relazione strumentale’), pur essendo più capace di “parlare” del prodotto, risulta meno funzionale alla sua ricerca rispetto alla prima e terza tipologia: i codici sono ancora prossimi alla comunicazione di tipo tradizionale e quindi meno in grado di potenziare aspetti specifici del Braned entertainment. In questa famiglia ritroviamo le forme evolute di Telepromozioni (i cosiddetti filler).

In generale dalla ricerca emerge che, rispetto ad altre forme di advertainment, il branded entertainment risulta diverso per il 38% degli intervistati, più profondo (richiede più attenzione per il 30% del campione), più interattivo per il 29% (grazie alla narrazione, che essa sia a finalità informativa, ludica o patemica) e più vicino (anche grazie a un certo ‘disinteresse alla vendita’ – 12%). Il branded entertainment sembra avere quindi delle potenzialità interessanti proprio per il maggiore livello di ingaggio che offre o chiede al suo spettatore.

 

Fonte: http://www.primaonline.it/2014/01/30/178187/il-branded-entertainment-agli-occhi-del-consumatore-la-ricerca/

Scarica qui la sintesi completa della ricerca (.doc)

Scarica qui le slide della ricerca (.pdf)